sabato 22 ottobre 2011

Parole d'amore.



Siccome ho detto che volevo trattare un po' di tutto... direi che ci vuole una recensione. Di un film, andiamo sul semplice; di un film che non m'è piaciuto affatto, ancora più semplice.

Parole d'amore con Richard Gere e l'attrice secondo me più bella del mondo, che in questo film appare piuttosto sciupata, spero dal trucco, Juliette Binoche (che associo e assocerò sempre al primo film in cui l'ho vista, Les amants du Pont Neuf -film stupendo). Un film del 2005. Il nome del regista non lo starei manco a cercare e riportare perché penso che si possa vivere tranquillamente senza seguire l'evoluzione della sua carriera...
Per prima cosa, cercando un'interpretazione globale del film, direi che si può definire un film politico di regime. Nel senso che c'è un messaggio che il regime vuol dare al popolino, non mi spiegherei altrimenti la scelta di attori importanti come questi, per un film vuoto, pesante e noioso come questo. E il messaggio del regime sarebbe: non studiate, non coltivate la passione per l'arte e stranezze varie! Altrimenti diventate noiosi, stralunati, e propriamente pazzi come i componenti di questa famiglia(in particolare la madre, che verrà ricoverata). E se per caso vostro figlio vi chiede di suonare il violoncello: mollategli un ceffone e dategli del ricchione!
Sì perché non si tratta di una famiglia normale. Richard Gere, il padre, è un docente universitario di teologia e nel tempo libero, la sera, suona assieme al figlio dei duetti di violino e violoncello di Bach e Vivaldi (suonati perfettamente, senza sbavature), che restano in sottofondo a far da ninna-nanna alla figlia minore che sarebbe la protagonista del film. La ragazzina, undicenne, partecipa, vincendole una dietro l'altra, a gare di spelling, che in italiano si potrebbe tradurre con: scansione ortografica.
Le danno una parola -difficile come “origami”, che torna 3 o 4 volte nel film, come a sottintendere un significato simbolico (profondo!)- e lei deve dire di quali lettere è composta. La traduzione in inglese di "origami" sarebbe “paper-folding”. Non parrebbe una parola così complessa da scandire...
E c'è da dire che quella dei concorsi di Spelling pare sia una cosa che esiste solo negli states, sarà perché si mangiano le parole, sarà perché hanno un'idea tutta loro della cultura...
E la faccenda dello spelling dà il via a una serie di sviluppi filosofico-simbolici, assurdi, che rimangono abbastanza fumosi e che non vengono mai approfonditi -ma come farlo senza sfociare nel paranormale? (scrivi una parola, le fa il padre, e poi riscrivila spostando le lettere, permuta le lettere, anche formando parole che non esistono e poi arriverai a... Dio! -e al manicomio, come la madre!...) 
(oppure fanno degli esercizi -sempre per avvicinarsi a "dio"...- il padre fa tenere una nota molto, mooolto, lunga alla figlia, al termine della quale ci si aspetterebbe una qualche apparizione, un piccolo cataclisma da giardino, qualcosa! invece niente... il padre le fa: basta così, è una tecnica molto intensa, può essere pericolosa.. la figlia insiste con una vocetta acuta da riposseduta -o meglio ancora da nido del cuculo, i doppiatori parodisti: ah, no ddai, papà! m'è piasciudo tanto tanto! un'altra volta sola, dai... va bene, risponde il padre, ma non ci prendere troppo gusto, che non si può fare sempre! - certo che a leggere senza vedere potrebbe sembrare una scena molto scabrosa...)
Per cui, tornando ai personaggi: il padre, teologo, “sensibboli”, infatti quando la moglie si nega ai doveri coniugali gli scappa una lacrimuccia, a un certo punto del film, ma non osa lamentarsi più di tanto, perché è un'intellettuale e, in quanto tale, un po' “frocio”, ça va sans dire...
E sa cucinare, ed è premuroso, "sensibboli",  è il punto di riferimento della famiglia, tutti pendono un po' dalle sue labbra, lo amano e quasi lo temono, all'inizio. Poi dopo invece gli sfuggono, lo odiano, tradiscono la sua religione -non una qualunque, la religione ebraica- impazziscono, sbagliano lo spelling a posta... ma non precorriamo!
Inizierei a vederci anche un po' di anti-semitismo soft, ma in generale di cattolicesimo anti-altre religioni! Visto che anche gli Hare Kishna, unica rappresentanza di altre religioni, compare sullo sfondo come scelta "sbagliata" tanto quanto l'ebraismo, direi; l'ebraismo a causa del quale la madre diventa pazza, cercando il modo di realizzare la frase presa dalle sacre scritture che il marito le ripete: trattieni la luce... e blabblà vari carichi di enfasi!
Ecco una cosa veramente insopportabile di questo film: l'enfasi!

Per cui: padre perfetto e insopportabile. Figlio, suonatore di violoncello, con crisi mistica che cerca di diventare Hare Krishna, censurato prontamente dal padre, non appena lo scopre. Figlia che vince le gare di spelling, grazie a una sorta di potere mistico: chiude gli occhi, sente la voce dell'esaminatore che dice la parola da scandire, e poi sente la voce della parola, infine la vede e la legge alla commissione... in pratica bara: ha un trucco!
E madre, biotecnologa, completamente pazza e svalvolata che una sera viene sorpresa ad intrufolarsi nell'appartamento di qualche vicino per recuperare delle cose luccicanti che le servono a trattenere la luce in un garage, di cui fornisce l'indirizzo come sua residenza. Questo, però, anche perché è rimasta orfana da ragazzina, in circostanze misteriose mai chiarite, nel film, in cui ha visto i genitori capottarsi in macchina mentre lei è rimasta illesa. Psicologia da quattro soldi: il trauma, l'attaccamento ossessivo a una frase mistica (ebraica), presa alla lettera... vabbé!

Il finale del film: la figlia decide di sbagliare a posta l'ultima parola, perché altrimenti avrebbero vinto solo lei e suo padre, invece perdendo, con un errore stupido, avrebbe vinto tutta la famiglia. E infatti padre e figlio si abbracciano, deponendo le armi, e la madre in un barlume di lucidità dice all'infermiera in ospedale, tra le lacrime: quella è mia figlia! Ah, non ho specificato: perché la guardano in tv! Perché in america danno queste gare in tv, a quanto pare! 
Melassa da diabete!
Il tutto con dei ritmi da morte lenta per inedia... (qui ritorna il cristianesimo, Cristo in croce... che è sempre er mejo... Artro che st'ebbrei! Artro che l'ari-krisjna!)
Ok, a questo punto credo sia utile nominare il regista per evitarlo in futuro (...oh cielo!):

Scott McGehee e David Siegel...

si sono messi pure in due per fare questo obbrobrio!

Film di regime, ne sono profondamente persuasa!

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