sabato 2 maggio 2020

Quella luce lì, che una volta ce l'avevamo tutti.

Conosco alcune persone, una in particolare, che di questi tempi hanno fatto gli spostamenti di cui avevano bisogno, a prescindere dalle assurde restrizioni, e non hanno subito nessun controllo.
C'è una persona in particolare che è stata graziata magicamente. È una persona molto positiva, praticamente sempre di buon umore e ti mette di buon umore quando ci parli, ha una sua luce interiore.
E come fa, mi sono domandata?
Lei vede sempre il lato positivo e quando si prospetta la possibilità di qualcosa di negativo pensa che se ne occuperà se e quando avverrà e nel caso confida di riuscire a trovare la soluzione.
E le cose le vanno sempre piuttosto bene, è l'unica persona ch'io conosca che è riuscita a ritrovare la bici e farsela ridare dai carabinieri – perché aveva fatto la denuncia. Chi di voi si mette a fare la denuncia per una bici rubata? Nessuno, nessuno crede che potrà riaverla, invece lei lo ha fatto, ci ha creduto, e la bici è tornata casualmente a lei, facendo una passeggiata, bella lunga, in martesana, una sera, quando ancora era consentito.
Ma come è successo questo piccolo miracolo? (che qualche altra volta ho incontrato, in alcune altre persone).
Ho immaginato che nessuno le abbia offuscato o spento la sua luce interiore – quella che grosso modo abbiamo tutti quando nasciamo. Quella luce che ci porta a protendere le labbra verso il latte materno e le braccine verso qualcuno che ci culli. Cosa c'è di più dolce?
E poi mi sono chiesta dove può stare la mia luce: che cosa mi fa stare bene?

Potermi rilassare, non essere ingombrata da pensieri spiacevoli; essere serena e non preoccupata, avere fiducia, non aver motivo di vedere tutto buio.

Quante volte ho visto buio? Mi capitava da piccina, dopo un po' che mi annoiavo ad aspettare nella palestra della mia scuola elementare che qualcuno mi venisse a prendere per portarmi a casa (non ero in punizione, ma sembrava quasi) ed ero talmente stufa di aspettare e senza niente da fare che mi mettevo ad osservare e studiare le mosche e il modo in cui si pulivano le zampette una contro l'altra e i loro mille occhietti allucinati – e ancora non era uscito La Mosca di Cronenberg e nemmeno Paura e Delirio a Las Vegas.
I pomeriggi silenziosi in cui scappavo dalle penniche e guardavo i granelli di polvere danzare tra i raggi di sole che si affacciavano dalla finestra – poetico... però anche cheppalle, eh?!
A me in effetti, invece, piaceva il movimento. Mi piacevano i giochi dei maschi, le pistole, gli inseguimenti, le macchinine. Anche giocare agli spadaccini settecenteschi. Da piccina, molto piccola, in spiaggia conoscevo tutte le cabine del lido, perché le avevo perlustrate tutte e conoscevo tutti. Quando arrivava la zia “Bigginia”, come la chiamavo io, le correvo incontro a braccia aperte.
Sono alcuni decenni che sto cercando di recuperare questa cosa – e questo periodo non mi è di molto aiuto... (o forse non ancora, bisogna dare tempo al tempo...)

Quindi com'è fatta questa luce, o sorgente interiore?

È confortevole, è mobile, non è statica, non è soggetta a coazione a ripetere, non si preoccupa, si occupa di quello che c'è, quando c'è o ci sarà.

Ah: e non ha pregiudizi, non è prevenuta. Non cerca di incasellare quello che incontra in cose già viste e conosciute.

Ma devo ancora ritrovare la strada per arrivarci.

È come oro liquido, non è stravagante, ma è viva ed è un ponte di collegamento con gli altri, non una manifestazione di ego separatista, un qualcosa che dice “io sono speciale”.

Respirare è una gran cosa e ora come ora c'è poco di cui essere più grati.
La libertà è una gran cosa, e si spera di riaverla tutta presto, per il momento bisogna accontentarsi di quella che c'è.

Avere un tetto, da mangiare, da conoscere e imparare, avere stupendi mici... mica ce ne rendiamo conto di quanto siamo fortunati, tante volte.