Le facoltà di pensiero e le capacità
cognitive in generale cosa sono? Strumenti che ti consentono di
riordinare i pensieri e di comprendere meglio quello che succede
dentro di noi e attorno a noi.
Le conoscenze di altri, che prima di
noi si sono interessati agli stessi temi, possono essere utili.
Secondo l'Ayurveda la conoscenza dei
testi classici è una terapia e in generale la conoscenza è fonte di
felicità.
Poco più che 22enne ero in
psicoterapia da un paio di anni e ad un certo punto ho avuto un moto
di ribellione (si chiama resistenza) verso il processo analitico e
dicevo quindi (e lo pensavo) che “non volevo capire tutto quello
che facevo, come e perché lo facevo, perché farlo avrebbe ridotto
la mia spontaneità e la mia capacità di essere creativa” – e ne
ero veramente convinta.
Ma sono andata avanti con la
psicoterapia e poco tempo dopo ho scoperto che era vero esattamente
il contrario, perché quella che io credevo fosse spontaneità era
solo un insieme di condizionamenti che si
erano automatizzati e di cui non ero consapevole.
Un paio di anni dopo, finito il
percorso di psicoterapia, mi sono trovata a fare l'esame di ammissione
in civica di teatro, con una prova piuttosto creativa, ideata e realizzata in un'oretta, che fu
piuttosto apprezzata.
E qualche anno dopo aver iniziato a studiare la
musica un po' più seriamente, finalmente... sono riuscita a fare
qualcosa che desideravo da quanto ero alta poco più di un metro, avevo 6 anni e volevo fare la pianista: sono riuscita a scrivere i
primi pezzi.
La conoscenza e la consapevolezza sono
grandi risorse, ma finché non ne possiedi nemmeno un po' non lo sai,
e quando incominci ad averne un po' ti rendi conto di quanta altra
conoscenza e consapevolezza ti servirebbero, e magari ti senti un po'
smarrito... Ma è normale all'inizio di un viaggio – ma anche ad un
quarto, tre quarti e metà - succede sempre, e non
è un male. È come quando non ci si piace più
musicalmente: è un momento di crescita – o almeno offre una spinta
per cambiare. Perché le cose vive cambiano.
Perché temevo di capirmi “troppo”?
Perché avevo paura di essere me stessa per davvero,
responsabile di quello che facevo e che a quel punto tutto dipendesse
da me, non da qualcosa che era più forte di me.
Le fisime, i difetti caratteriali, i
capricci, sono come copertine di Linus da cui non ci va di separarci.
Vivremmo meglio senza, ma ci
toccherebbe riscoprire chi siamo veramente e di vedere meglio chi
sono e come sono gli altri, soprattutto quelli a cui ci avviciniamo
di più, che altrimenti vedremmo attraverso la lente deformante del
pregiudizio, ossia: mi ricorda mia madre, mio padre, mi sorella, mi
cusci', 'r fijo daa portinara, etc...
E tu chi sei veramente?
Secondo R.D.Laing la comunicazione in
famiglia ha potere ipnotico, soprattutto nelle famiglie
disfunzionali, e quindi noi diventiamo quello che ci hanno detto di
essere: dei disastri, dei teppisti, dei pigri, degli incapaci oppure
dei disonesti, etc... etc...
I modi in cui si esprimono gli
attaccamenti ai nostri difetti sono i vagiti degli adulti.
Per esempio lamentarsi – pratica
molto diffusa, chi ne è esente? Non io, anche se conto di cambiare
metodica espressiva, con me stessa e con gli altri e di solito quando
mi pongo seriamente un obiettivo che riguarda me stessa, ciò che io
posso fare, lo raggiungo, o almeno mi ci avvicino.
Anche far le vittime è un modo di lamentarsi, ma più contenuto e laconico (basta che gli altri non sappiano bene cos'è successo veramente).
Un altro vagito può
essere prendersela con gli altri quando qualcosa va storto e non
voler vedere le proprie responsabilità.
Oppure... tentare di usare la
manipolazione, attraverso comportamenti passivo-aggressivi, spesso
tramite le provocazioni.
La manipolazione, le provocazioni, la comunicazioni trasversali, sono tutte delle modalità di non-relazione, perché: il dialogo diretto, aperto, rispettoso e onesto è il centro della relazione.
Se non c'è quello non c'è la relazione, ma solo una persona che cerca di raggirarne un'altra e va avanti fino a quando le viene consentito di farlo o fino a quando recita abbastanza bene da risultare credibile. Quando non riesce più, al limite, cerca di affondare la lama - pensando che non ci sia più niente da perdere, ma c'è sempre qualcosa da perdere.
Per esempio l'anima.
Ci sono cose che possiamo ottenere, perché
sono lecite e sono in nostro potere (come cambiare noi stessi) e cose
che non lo sono e tocca accettarlo.
Questo è un momento in cui imparare ad
accettare, oltre che cambiare, è fondamentale.
Ho cominciato ad accettare per prima
cosa il virus, in questo periodo. Mi sono detta: dato che l'80% dei
casi è asintomatico e i pipistrelli lo ospitano senza problemi,
perché non posso farlo anche io?
Virus, io ti ospito e ti chiedo di
ricambiarmi il favore evitando di nuocermi.
E il virus mi ha ricambiato il favore - ed è molto più di quanto possa dire di qualcun altro.
Ma per essere onesti è necessario
saper dire la verità a se stessi.
“Sii la rivoluzione che vuoi vedere
nel mondo”, era Gandhi a dirlo, no?
Poi lo diceva anche Terzani, mi pare.
La felicità è un diritto e io mi
auguro che tutte le creature senzienti possano godere della felicità
e delle cause della felicità, che stanno nel rispetto dei diritti
naturali propri e degli altri.
Accettare i maltrattamenti equivale a dire “io non mi merito di essere felice e di
essere amato”, così come calpestare i diritti di un altro
significa la stessa cosa con l'aggiunta della frase “e se vuoi
stare vicino a me, devi lasciarti calpestare”.
Accetto che io posso cambiare solo me
stessa e che ognuno cambierà quando e se lo riterrà. Ma spero che
un giorno il cambiamento costruttivo avvenga, per tutti.
Desidero che i maltrattamenti
finiscano, ogni genere di maltrattamento.
E vorrei che finissero adesso.
E mi auguro che tutte le creature
senzienti possano godere della felicità e delle cause della
felicità.
Ho riordinato alla mia maniera
disordinata, ma... ognuno ha il suo ordine.
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