venerdì 2 giugno 2017

la catena del dolore...

la catena del dolore - non ricordo se la definisca proprio così - è quella cosa che jodorosky (e non so chi altro prima o dopo di lui) racconta si perpetui di generazione in generazione.
gli sbagli e le colpe dei padri e delle madri che ricadono di generazione in generazione sulle teste e le vite dei figli e delle figlie e nipoti  bis-nipoti.
fino a che una di queste persone decide di smettere di riprodurre lo stesso comportamento e decide di produrne uno nuovo, di essere se stesso.
jodorosky dice di averlo fatto.
forse è vero. forse ci è riuscito ad un certo punto, non subito - lo dice anche lui in effetti.
ognuno ha il suo tema: rancore verso genitori poco responsabili, mascherato da altruismo e senso di responsabilità... tentativi di salvare il mondo, ché quello era il proprio espediente da piccini per farsi voler bene.

bene, l'altruismo se non parte da se stessi, non è vero altruismo, e non serve a niente.
il mondo non lo si può salvare, perché ognuno si deve salvare da sé.

ci si può esprimere.
si può cercare di fare qualcosa di buono.
si può sfidare le paure da una parte, scendere a patti con la realtà, dall'altra, ma solo dopo averle tentate tutte.

ecco.

e dopo questo ci si mette il cuore in pace, perché tanto la vita va avanti lo stesso e gli sprechi... di sicuro non si recuperano.
ma al mondo ci sarà sempre chi ha i denti e non ha il pane e viceversa e questa cosa non si può cambiare.
ognuno ha la sua evoluzione e ognuno avrà modo di decidere se essere una balena spiaggiata incapace di tornare in mare e affezionata alla condizione di semi-morte e immobilità della spiaggia.
o se ributtarsi in mare e provarci.

io scelgo la seconda.

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