lunedì 23 luglio 2012

Aileen Wournos. Creare mostri e poi distruggerli per dare il buon esempio.

Un pomeriggio per puro caso mi sono imbattuta in un video dal titolo: Aileen Wournus, gone insane. Si trattava, l'ho scoperto dopo, dell'ultima intervista della prima Serial Killer donna, la donna dalla quale vicenda è liberamente tratto il film Monster, un'indegna e pressapochista pellicola Hollywoodiana uscita, in regime di perfetto sciacallaggio, un anno dopo l'esecuzione della poveretta.
Dopo questo frammento che ho rivisto più volte, dato che il mio inglese non è del tutto rodato -ma nel frattempo a forza di video senza sottotitoli è un po' migliorato- non sono riuscita a fare a meno di guardare tutto quello che ho trovato.
Un documentario tradotto in italiano: Aileen Wournus: mostro o vittima?
Due documentari di Nick Broomfield: The selling of a Serial Killer e Aileen: life and death of a Serial Killer.
La biografia sintetica e inesatta di wikipedia e per finire l'indegno film: Monster (2003), di cui non mi sembra necessario menzionare il regista, talmente superficiale e inutile è stato il risultato delle sue “fatiche”.

Dopo la Wournus mi sono dedicata ad altri Serial Killer, ma erano uomini e al contrario di lei molto più fisici, nell'uccisione, più sadici e malati.
Le loro biografie  però erano molto meno chiarificatrici circa le ragioni della loro follia.

Aileen nasce il 29 Febbraio del 1956, figlia di una ragazzina di 17 anni che è già al secondo figlio -avuto con un compagno dal quale è fuggita poco prima di partorire la Wournos. Il padre morirà non molto tempo dopo suicida in carcere, in carcere ci finisce dopo aver molestato una bambina di 7 anni.
Aileen assieme al fratello viene adottata dal nonno materno, la madre, che legalmente ne diviene anche sorella, resta con loro per qualche anno, poi sparisce e non ci saranno più contatti tra lei e la figlia se non in occasione di funerali, per lo più.
Il nonno è un alcolizzato, violento, pare abbia commesso abusi sia sulla madre di Aileen, che su Aileen stessa. Verso i 10 anni Aileen inizia ad avere rapporti incestuosi col fratello, di 3 anni più grande. Nello stesso periodo inizia a prostituirsi. A 13 anni rimane incinta e viene costretta a dare in adozione il figlio subito dopo il parto senza che le venga concesso nemmeno di vederlo.
Un anno dopo la nonna muore e l'anno successivo il nonno caccia di casa sia lei che gli altri fratelli.
Gli altri fratelli trovano altre sistemazioni, lei che era ormai nota a tutti come la puttanella di quartiere incomincia a vivere per strada, nei boschi.
A 15 anni quindi abbandonata a se stessa. In quell'occasione lo stato non ritiene opportuno intervenire, le sorti di questa minore non lo riguardano; a quanto pare, i servizi sociali hanno altro di cui occuparsi.
Per il resto conduce una vita da borderline, ai margini della società e ai margini della salute mentale, prostituendosi, bevendo, drogandosi, avendo episodi di zuffe, schiamazzi e sposando un 70enne a 18 anni che le promette un po' di stabilità, salvo poi andare su tutte le furie e picchiarlo col suo bastone quando le nega di tanto in tanto i soldi che lei continuamente gli chiede. Lui finirà col chiedere la separazione legale nel giro di pochi mesi.
Ad un certo punto incontra Tyra Moore, di qualche anno più giovane di lei e Aileen, improvvisamente, già trentenne, cambia inclinazioni sessuali. Le due diventano una coppia e di lì a poco Aileen incomincia la serie di omicidi, 7, che ne faranno la prima Serial Killer donna degli USA.
Questi omicidi li compie per lo più allo scopo di procurarsi dei soldi e probabilmente anche per evitare di avere rapporti sessuali con gli uomini che uccide e deruba.
Ne informa la compagna, che sarà di fatto sua complice, fino a quando non sarà chiaro che la polizia sta per catturarle. A quel punto Tyra scappa, torna dalla sua famiglia e inizia a collaborare con la polizia.
Sarà infatti grazie a lei che Aileen, nella sua infantile ingenuità, deciderà di confessare per evitare ogni coinvolgimento di Tyra nella vicenda.
Straziante l'immagine di Aileen che piange, vergognandosene, mentre ascolta i nastri delle sue telefonate con Tyra durante il processo: la sua amata l'aveva tradita. E lei aveva confessato e rischiava la pena di morte -che verrà eseguita circa 12 anni dopo- per salvare Tyra dalla galera.
Tyra era innocente, non aveva ucciso, lei. Ma non aveva nemmeno fatto nulla perché gli omicidi smettessero. Ed uscì pulita dalla vicenda solo per un mero scambio di favori con l'FBI.

Nel frattempo una pazza appartenente a non so quale delle mille congreghe cristiane americane, mi pare i cristiani della rinascita, decide di interessarsi al caso di Aileen e siccome non c'è altro modo per ricevere il diritto di farle visita in carcere: l'adotta.
Aileen non si ribella e ancora una volta sembra credere che qualcuno possa in qualche modo volerle un po' di bene e sostenerla, difenderla.
Continua a pensarlo fino a quando la buona samaritana che l'ha adottata, attirando su di sé un po' di riflettori e guadagnandosi il suo quarto d'ora di notorietà -motivo per cui volutamente non la nomino- le chiede di mandarle altri disegni, e di farne ancora -Aileen aveva iniziato a fare dei disegni a biro in carcere, la clausura, per lei che piuttosto che adeguarsi a delle regole predefinite aveva preferito dormire nei boschi o in spiaggia, risultava insopportabile e si distraeva come poteva.
A quel punto Aileen inizia a capire che la bontà della sua “matrigna” non era del tutto disinteressata.
Sulla non limpidezza del personaggio della “matrigna” testimonia anche il documentario di Broomfield, in cui vediamo come la buona samaritana si rifiuti più volte di rilasciare testimonianze e documentazioni (non si capisce bene poi a cosa si riferisca) di alcun genere, se non dietro il modico compenso di 25.000 dollari.
Alla fine della vicenda con ogni probabilità sia lei che Tyra, l'ex-compagna di Aileen faranno qualche affaruccio cedendo i diritti di copyright sulla vicenda.
Per lo stesso motivo, pare, alcuni poliziotti verranno indagati.

Durante le varie deposizioni e interviste Aileen cambia versione più volte. Parla di autodifesa, soprattutto all'inizio, arriva a inscenarne una ricostruzione mimando i gesti che pretende di aver fatto la notte del primo delitto, in quella che appare visibilmente come una goffa recita che descriverebbe le violenze subite dalla sua prima vittima e che lei avrebbe quindi ucciso solo per difendersi.
Questa ricostruzione viene imbecillemente presa per buona nel film Monster.

Con Broomfield, il suo principale intervistatore, avrà un atteggiamento perennemente contraddittorio: non vorrà assolutamente parlarci all'inizio, deciderà di confessarsi con lui dopo, sempre insistendo sulla versione dell'autodifesa e ragionando con lui sull'assurdità dello scetticismo della corte “non hanno voluto credermi perché mi hanno chiesto com'era possibile che anche gli altri 6 omicidi li avessi compiuti per autodifesa. Ma qui non si fa una questione di numero, ma di principio: l'autodifesa è autodifesa, non importa quante volte succede!” -non fa una grinza, no? Va be'...
Le volte successive lo accoglierà come un vecchio amico d'infanzia.
Poi gli confesserà, siccome vuole andare sulla sedia elettrica (alla fine invece morirà per iniezione letale) con la coscienza pulita, che la storia dell'autodifesa era tutto inventata e che aveva ucciso quegli uomini solo per derubarli e far sparire le prove. Quando lui le domanda: ma hai fatto una ricostruzione in tribunale, mimando i gesti, ed era stata molto credibile.
Lei risponde: ah sì? Molto credibile? Umh,... ma non era vero niente.

Dopo ancora lo chiamerà lei, per rilasciare le seguenti dichiarazioni: la sua famiglia era una famiglia del tutto rispettabile, non aveva mai subito molestie da piccola, suo padre e sua madre (che sarebbero i suoi nonni) erano delle persone per bene, ma lei era un po' irrequieta... dopo di che costringe Broomfield a spegnere le telecamere, cosa che lui finge di fare, e gli bisbiglia sottovoce non si capisce bene cosa.

Per finire il giorno prima dell'esecuzione rilascia un'ultima intervista sempre a Broomfield, che deve essergli riuscito in qualche modo simpatico, in definitiva.
E questo è appunto il primo video in cui mi ero imbattuta casualmente.
Il suo scopo in questa intervista è addossare la responsabilità di quello che ha fatto alla polizia: loro sapevano e non l'avevano fermata! E l'avevano lasciata fare al solo scopo di trasformarla in un Serial Killer e arricchirsi vendendo i particolari sulla storia.
Broomfield prova a farle notare che non tutti uccidono 7 persone, che quindi ci sarà pur stato qualcosa in lei, che l'aveva spinta a questo. Prova a far cenno alla sua infanzia disastrata, dice di aver parlato con la madre di Aileen...
Aileen strabuzzando gli occhi, nella smorfia che la rende caratteristica -e che alcuni ragazzotti americani penseranno bene di imitare e mettere su youtube, per fare qualcosa di divertente: ridere del mostro, come fosse un fenomeno da baraccone- Aileen risponde che non può averci parlato perché la madre è morta! Broomfield le specifica di aver parlato con la sua madre biologica, non con la nonna, che l'aveva adottata. “Quella non è nessuno per me!” taglia corto Aileen e minaccia di chiudere l'intervista se non si torna a parlare dei poliziotti.
Alla fine poco dopo chiude comunque l'intervista di colpo, seccata, strillando perché Broomfield non vuole capire quello che lei dice.
E se ne va.
Nonostante questi chiari e ripetuti segni di squilibrio mentale la Wournos -che durante una delle varie dichiarazioni di autodefinirà una rispettabile prostituta- viene dichiarata dopo una perizia psichiatrica durata circa 15 minuti pienamente consapevole dei suoi gesti e quindi non degna della grazia e di cure specifiche -nemmeno le molestie subite durante l'infanzia fanno testo per quegli psichiatri.



Il giorno dopo, quindi, lo stato che l'aveva ignorata totalmente fino a quando lei non aveva iniziato a regolarsi i conti a modo proprio, l'assicura al lettino della morte, le inietta il liquido letale nelle vene risolvendo così quest'altro piccolo problema nel solo modo che conosce: 
la vendetta.

Escludendo anche la più vaga ipotesi che il modo migliore di tutelare le innocenti vittime potrebbe essere: evitare di creare emarginazione e disperazione.
Preoccuparsi del fatto che nei licei si parli di cose come popolarità e marchio dei perdenti.
Non proporre il successo economico e sociale come uniche condizioni per sentirsi a posto con se stessi e dei bravi cittadini -tutti uguali, con gli stessi sogni, le stesse idee, nel paese che difenderebbe la democrazia e la libertà.
Perché così tanti casi di Serial Killer, per lo più molto più efferati e spaventosi di quello della Wournos (qui la cosa spaventosa è che sia stata una donna a farlo, ma di fondo si è limitata a sparare alla sue vittime, senza seviziarle come invece Jeffrey Dahmer, nei sui delitti omosessuali, e Ted Bundy, con le giovani collegiali) perché questi delitti capitano in così alta concentrazione negli Stati Uniti?
È un po' troppo facile liquidare ogni responsabilità pareggiando i conti con un altro delitto, legittimato dal principio della vendetta, o della punizione, e compiuto a nome della collettività.
Solo che le famiglie delle vittime non arrivano a capirlo e continuano a chiedere vendetta, e non giustizia, e a chiederla nella direzione sbagliata.
Lo stato Americano dovrebbe ripagare di tasca sua le famiglie delle vittime. E dovrebbe preoccuparsi di rimediare ai danni prodotti dalla sua superficialità e spietatezza. Non limitarsi a sopprimerli.
Questo se la giustizia gli stesse a cuore.

Due cose bisogna sperare di non essere in America: un emarginato e il disgraziato che capita nel momento sbagliato sulla strada di quell'emarginato nel momento in cui è particolarmente incazzato e... armato!


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