sabato 19 maggio 2012

Lo sport Nazionale milanese...

 Ne ho parlato con diverse persone, per cui so che non sono l'unica a cui è successo.
Lo sport nazionale milanese è il: ti vedo, ma faccio finta di no...

E perché mai?, voi vi chiederete...


Bah, a volte: 

perché si tratta di una conoscenza superficiale...

ma manco un saluto? Cosa costa un saluto?

Perché non mi sei tanto simpatico...

ma il saluto non è una dichiarazione né d'amore né di simpatia... è solo educazione, o al limite segno di buona vista e buona memoria...

no, è che... c'ho i coglioni girati...

e allora nn mi saluti? E io cosa c'entro coi tuoi coglioni girati, che non ci vediamo da una vita?

Appunto, non ci vediamo da una vita e quindi nn so di cosa parlarti...

ma nn dobbiamo per forza parlare, basta che fai ciao con la manina!!...

Perché le persone fanno questa cosa a milano?

Sono giunta alla conclusione che è una questione di maschere, di ruoli sociali e di insicurezze.
Se riincontri una persona che conosci poco, con cui non si è stabilito un legame d'amicizia, solo una generica e momentanea sintonia, o a volte manco quella, giusto una conoscenza, non la saluti soprattutto se ti trovi in un altro contesto sociale in quel momento. Sei con degli altri amici, oppure sei per i fatti tuoi, e proprio perché sei per i fatti tuoi, non ti va di salutare.
Ma è una questione di ruoli... e di maleducazione.

La cosa più brutta è che ti costringono in qualche modo a farlo con loro. Una volta che riconosci una persona in una folla (se sei di sinistra succede sempre alle manifestazioni -non so, in effetti, se capiti anche alla gente della destra milanese... forse no, in fondo hanno sempre qualcosa da intrallazzare tra di loro... secondo me loro non lo praticano lo sport nazionale milanese, ma bisognerebbe verificare...) dicevo, una volta che riconosci una persona nella folla e provi a lanciarle uno sguardo sorridente, o per lo meno pacifico, più volte, e questa non risponde, elude... finisci col dirti: “Vabbé, pazienza. Allora facciamo finta che ci sia un muro invisibile che ci impedisce solo a noi due di vederci, va bene? Così sei più contento...
E te ne torni a casa con una sensazione così brutta e squallida di disumanità, o di stupidità (profonda!), o di incomprensibili menate -a seconda di chi ha finto di non vederti e di che tipo di persona è e di quante persone hai incontrato in quel periodo o giorno che han fatto la stessa cosa.

Su tutto, è questa la cosa che rende milano una città brulla e desolata.

E finché non cambieremo questa cosa non cambieremo niente, a milano.

Non salutare una persona che conosci anche poco è un modo di chiudersi alle possibilità, è un modo di deprimere la propria umanità e generosità.

Che cosa costa un saluto?

Un saluto non significa: ti voglio bene, tengo tanto a te, tengo tanto alla tua opinione, etc...
un saluto significa solo: ah, ecco: ti ho visto, mi ricordo della tua faccia.

Fatelo e milano farà un po' meno schifo!

giovedì 10 maggio 2012

Piccole malattie: simpatici animali da compagnia...

 La cosa su cui volevo riflettere oggi è questa: le piccole malattie, i disturbi cosiddetti cronici, che non ti uccidono, a meno di trascurarli gravemente.

Mi va di fare alcune premesse:
  1. non è importantissima, ma: mio padre era un cardiochirurgo e negli ultimi anni aveva preso a studiare i rapporti tra alimentazione e cardiopatie, quindi il modo di migliorare l'efficienza cardiaca attraverso l'alimentazione (molto saggiamente, a mio avviso). Un'acquisizione non del tutto scontata per la medicina allopatica e non del tutto condivisa, perché molti continuano a suggerire (e/o molti pazienti a credere) che l'importante sia prendere le pilloline e che il corpo sia costruito a compartimenti stagni: apparato digerente, apparato escretore, apparato respiratorio... etc...
  2. pare che nell'antica cina i medici venissero pagati un tanto al mese o all'anno fintanto che i loro pazienti erano in salute, quando si ammalavano, andavano dal medico e questi li curava. Se la malattia persisteva la famiglia in questione era esentata dal versare il contributo-salute, diciamo... da noi funziona al contrario: se ti ammali, spendi un sacco di soldi. Se muori finiscono le spese per la malattia e la tua famiglia spende per sotterrarti. Ergo: un medico cinese aveva interesse a tenere i suoi pazienti in buona salute, un medico occidentale di fatto guadagna quando ti ammali, ma perde il suo guadagno quando muori. Ari-ergo: l'interesse di un medico allopatico sarebbe dover curare un disturbo cronico che non porta alla morte.
  3. Spesso pare che nella medicina occidentale il corpo e l'emotività sian considerate due cose separate e distinte...
  4. salvo nel caso delle malattie psicosomatiche... che spesso corrispondono a tutte quelle malattie che la “scienza” medica, non sa spiegare e, soprattutto, non sa curare.. è un po' come se fossero una sorta di piccole malattie mentali...
  5. la scienza medica occidentale (in realtà, come dovrebbe esser noto, la medicina è una pseudoscienza, perché non dà risultati certi e immutabili: allo stesso farmaco due diversi pazienti possono reagire in modi molto differenti e questo a prescindere dall'età) dicevo, questa pseduscienza ha fatto grandi progressi nel campo della chirurgia, ma non altrettanti nel campo dei disturbi che andrebbero curati migliorando l'alimentazione e rinforzando il sistema immunitario, perché praticamente tutti i farmaci che propone hanno un sacco di effetti collaterali alcuni dei quali assurdi quali: l'insonnia, che i sonniferi possono indurre; la depressione, che gli antidepressivi possono causare... solo io mi accorgo dell'assurdità della cosa? (spero di no...)
  6. molto spesso un medico allopatico (ma non sempre, per fortuna) ti cura manuale alla mano: dimenticando che le persone non sono tutte uguali e non hanno lo stesso tipo di risposta immunitaria, a prescindere da allergie, intolleranze, etc...
  7. non tutti i medici occidentali tengono a mente il giuramento di ippocrate e gli insegnamenti di ippocrate e finiscono col dimenticare che la “scienza” medica è nata sperimentando sul campo, quindi in maniera empirica, e che andrebbe, lo ribadisco ma in forma più esplicita, adattata di volta in volta da paziente a paziente.
  8. Le case farmaceutiche non guadagnano molto sui rimedi naturali, per una questione di brevetti: si posson brevettare solo farmaci creati in laboratorio, non, che ne so?, il bicarbonato, la camomilla, l'arnica... etc...
  9. spesso chi non crede alle medicine alternative dice: i test di laboratorio non l'hanno dimostrato, etc... ma è pur vero che non tutti i rimedi naturali sono stati testati, e che le ricerche qualcuno le deve finanziare, e quanto interesse può avere una casa farmaceutica a testare le proprietà di un rimedio naturale non potendolo brevettare? Zero. Le percentuali poi tenute buone per dimostrare che un farmaco funzioni sono bassissime, basta che risulti di poco più efficace del placebo (il placebo è acqua fresca, un finto farmaco).
  10. Il principio del placebo, però, per come la vedo io dimostra quello che è il principio delle medicine alternative: che il corpo umano ha in se le risorse per guarire e se il sistema immunitario viene depresso da farmaci aggressivi che lavorano su un sintomo, ma portano molti effetti collaterali, quali l'immunodepressione, la guarigione diventa più difficile.
  11. Se vuoi guarire devi occuparti, in prima persona, della tua malattia.


È come se a volte una malattia potesse essere qualcosa che serve ad attrarre l'attenzione propria (il tuo corpo ti costringe a fare caso a lui) e quella degli altri, in più riempie le conversazioni... in altri termini una piccola malattia più o meno cronica: fa compagnia.
Non parlo delle malattie gravi (sulle quali vale però lo stesso discorso rispetto al sistema immunitario che andrebbe rinforzato e non depresso..) parlo di disturbi cronici o prolungati, periodici, ricorrenti, piccole palle al piede che si ripropongono e che la medicina allopatica si limita a tamponare.

Io ho avuto una gastrite, che ultimamente mi pare proprio sia finalmente regredita. Ho provato a curarla andando dal gastroenterologo e facendo una orrenda (e sconsigliabilissima, per me) gastroscopia. Che ha stabilito che non avevo un tumore. Bene... e se lo avessi avuto? Sarei comunque morta, quindi a che sarebbe servito saperlo?
I farmaci che mi hanno somministrato hanno peggiorato la situazione, aggiungendo il sintomo del bruciore di stomaco, che prima non avevo. Avevo una patolgia da reflusso, la valvola non chiudeva bene e mi svegliavo col mal di gola, e neanche quello hanno saputo risolvere (gli esercizi di respirazione invece sì...).
Come ho fatto? Ho iniziato a curare l'alimentazione e quindi le intolleranze, a utilizzare rimedi omeopatici-antroposofici, quali il pulvis cum belladonna (sì, il famoso veleno, ma in quantità omeopatiche, tali che non ci si può morire, penso, manco calandosi tutta la boccetta in una volta.. di fondo è una solanacea e serve a rinforzare quindi le funzioni epatiche). Ah, anche il mio fegato non stava molto bene e il gastroenterologo disse: per il fegato non si può fare nulla!
No, certo, perché ogni farmaco allopatico ha effetti collaterali che gravano sul fegato.
Ma le cure depurative naturali fanno qualcosa per il fegato, lo fanno eccome!, e anche ridurre o eliminare il consumo di carne, fa qualcosa.
E, adesso, sto molto meglio. Non mi capita mai di avere la bocca amara, tipico sintomo di disturbo epatico. E nemmeno l'alito pesante, effetto del consumo (costante) di carne.

Il problema è che molte persone si affezionano alle loro piccole malattie (non pensando a possibili sviluppi più seri) e quindi non sono minimamente disposte a modificare la loro alimentazione, rinunciare ai latticini? No! Piuttosto la morte! Eliminare per un po' gli alcolici di ogni tipo! Scherzi? E come fai a divertirti?
Per esempio frequentando persone piacevoli e facendo cose piacevoli?
È un'idea... magari è sbagliata... bu?...

Le piccole malattie croniche sono compagni fedeli, tu puoi dimenticarti momentaneamente di loro, ma loro non si dimenticano mai di te!
Tienlo presente... mentre ti sfondi di alcol e magari hai un disturbo che lo sconsiglierebbe o te magni l'impossibile, mentre dovresti nutrirti il giusto selezionando bene i cibi (no fritti, no insaccati, etc...).

Loro: non si dimenticano MAI... di te.

Piccola postilla: ovviamente ho smesso di prendere tutti i farmaci che mi avevano dato i medici allopatici, primo fra tutti: l'inibitore di pompa gastrica o pompa protonica, che aveva l'effetto di lasciar passare il cibo per stomaco e intestino senza che ne acquisissi i nutrienti. Lo so perché in quel periodo (sbagliando, certo) mangiavo spesso dei dolcetti che non mi facevan metter su nemmeno un etto e non ho mai avuto un metabolismo particolarmente veloce...
Lo dico perché adesso, con brillante dimostrazione di furbizia, hanno iniziato a chiamarlo gastroprotettore e te lo propinano quando prendi un antibiotico o un antinfiammatorio. 
Ma anche se lo chiami gastroprottettore ha sempre la stessa funzione: inibire la naturale produzione di acido necessario per la digestione. E se l'acido non elabora i cibi nel tuo stomaco, tu non ne assumi i nutrienti. Quindi mi sembra tutto fuorché una protezione. Allora sarebbe meglio mangiare in bianco, cibi non acidi, e assumere l'antibiotico sempre a stomaco pieno, senza turbare i naturali equilibri endocrini. 
Inoltre quando si inibiscono le secrezioni la risposta naturale dell'organismo è quella di cercare di produrne di più. Risultato: appena smettete di prendere il "gastroprotettore" il vostro stomaco viene aggredito dall'acido normalmente prodotto più l'acido prodotto in surplus, fino a quando non si ristabilisce l'equilibrio.
Ma se uno non lo sa cosa pensa? "Non posso proprio fare a meno dell'inibitore di pompa gastrica, perché se non lo prendo mi viene un gran mal di pancia, ne ho proprio bisogno!"
Ne hai bisogno come una vittima del suo carnefice...

venerdì 4 maggio 2012

Ricetta di Maggio: panelle dolci vegane in padella - o, volendo, frittelle vegane.

La ricetta di Maggio è spaziale!
Anche perché è totalmente di mia invenzione (^______^) !

Potete farci queste strane panelle dolci, che ho inventato io :), oppure delle frittelle, dipende dalle dimensioni e dal metodo di cottura (olio o margarina, fuoco alto o lento).

Diciamo che sono paragonabili ai pancake, ma senza grassi animali.

Ehm... le proporzioni anche qui, trattandosi di scoperta empirica ed estemporane... non le so di preciso...

Andiamo a spanne:

un cucchiaio abbondante o due di olio di semi di mais;
fruttosio in base al gusto, diciamo 2 o 3 cucchiaini, almeno;
un pochino di latte di soya (o avena.. il latte di riso è un po' troppo liquido);
almeno un cucchiaio di fecola di patate o maizena;
un po' di farina di soya;
3-4 cucchiai, minimo, di farina di farro integrale (se resta troppo liquido aggiungetene. non deve essere però troppo stopposo l'impasto, deve essere denso, non un mattone, ma non liquido, o quasi liquido).

Allora per primi mischiate olio di semi e fruttosio, aggiungete gli altri ingredienti nell'ordine elencato.
Nell'impasto se si vuole si può aggiungere dei pezzetti di mela e se volete fare le frittelle, che devono restare un pochino meno dense ed essere immerse nell'olio bollente, o pezzetti di mela o uvette.

Per fare il pancake vegano, invece, ungete con la margarina il fondo della padella, mettete il fuoco lento, ci spargete sopra l'impasto a formare una sorta di disco e poi coprite con un coperchio, perché il calore si diffonda.
Deve cuocere 10-15 minuti minimo, a fuoco lentissimo. Dovete, come sempre, controllare, dopo di che è fatta.
Potete accompagnare con la crema al cioccolato di soya della provamel (pubblicità aperta e non pagata... è che ha di buono che non c'è lo zucchero, dentro e nemmeno il latte :) e/o con banane, miele, quello che si mette di solito sui pancake. Non vengono però altrettanto morbidi, perché dentro non c'è il latte, né le uova. Ma la fecola o il maizena aiutano ad ammorbidire un po' l'impasto.
Insomma, non credo che ci perderete la dentiera, cmq... se non lo bruciate...

Ah, le dosi di cui sopra valgono per 1 o 2 persone.

Bon apetit!!!